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costanzabiasibetti

Capitolo 1 - Il talento dell'osservazione

Il custode delle api


7 anni prima.

Ronzavano tutte indaffarate, illuminate solamente dalla fioca luce dell’alba. Fari polverosi filtravano dalle tende, non permettendo di cogliere chiaramente i confini delle cose.

Le api, fasciate nelle loro divise nere striate di giallo, erano abituate a vedere al buio. Era il loro superpotere. Quello per cui erano state scelte.

Si coordinavano con lo sguardo senza neppure una parola, ammiccando con il mento in direzione delle porte che si affacciavano sul grande androne del palazzo. Consuelo prese la porta di destra, passando per un pelo attraverso gli stipiti, portando con disinvoltura un’enorme cassetta degli attrezzi come avrebbe portato un vassoio di croissant. Marina, Paola e Syraz presero la direzione opposta, Stefanie invece risalì lo scalone di marmo trascinando dietro a sé due sacchi di plastica. Ciascuna di loro assolveva al proprio compito con precisione e puntualità, nessun pettegolezzo, nessun commento.

Adriano Cantoni osservava tutto quell’agitarsi silenzioso e multiforme, camminando verso la cucina, ed immaginando un mondo irreale, completamente senza parole. Un mondo di muti in cui si saluta alzando un sopracciglio e si chiede scusa con un movimento delle spalle. Avrebbe potuto sicuramente vivere sereno - pensò - in un mondo come quello.

- Adriano, conta i calici. Dovrebbero essere duecentoquaranta. Se ne manca uno, avvisami subito.

La voce della regina tuonò la fine di quel mondo improbabile, riportando Adriano al solito mondo in cui gli umani parlano.


Le api, chiaramente, non potevano parlare né ascoltare musica mentre lavoravano. Ogni distrazione poteva essere fatale per la riuscita del progetto. Adriano, che non era un’ape e non aveva un ruolo poi così fondamentale in quella rivoluzione dell’alba, si infilò le Airpods nelle orecchie. La batteria scandiva il ritmo dei passi attutiti dalla moquette, una moquette che sicuramente voleva essere una versione moderna del sudicio ricettacolo di polvere e passi che ricopriva i pavimenti, senza reale successo.


Sul tavolo della cucina industriale, tutta risplendente d’acciaio (l’ape della cucina aveva già portato a termine il suo compito), troneggiavano file e file di coppe. Sembravano pronte di nuovo ad essere riempite, a scattare sull’attenti come soldati alla prima missione o come ballerine di fila dietro il sipario.

Adriano Cantoni scelse una coppa dalla vastità di filari, ne saggiò la superficie con le dita. Era irregolare e vibrante, pulsava quasi; il gambo era un complesso intreccio di fili d’argento e sembrava doversi spezzare da un momento all’altro, esattamente come le lunghe gambe delle ballerine.

Li contò due volte, spostandoli di qualche centimetro e creando due fazioni fluide sul banco di lavoro. Ne mancavano sette.

- Regina, ne mancano sette.

- Avviso Cesare, parti anche subito, così arrivi prima dell’apertura e torni prima che ce ne andiamo.

Adriano fece la strada a ritroso fino al portone d’ingresso del palazzo. Regina aveva appeso una striscia di scotch carta sulla targhetta d’ingresso, per impedire alle api di conoscere il nome dei proprietari. Adriano Cantoni, che non era un’ape, scollò piano lo scotch dal metallo. Lesse il nome, poi lo riattaccò. Il bordo rimase un po’ sollevato e sotto la superficie della colla esplose una bolla. Immaginò la stessa bolla sulla fronte del proprietario del palazzo, che però nella sua testa non aveva una vera e propria faccia, era solo una fronte senza lineamenti, senza un’altezza, senza un taglio di capelli. Forse aveva i baffi.


- Non capisco perché si ostini ancora a coprire il nome dei nostri clienti. Come se dopo aver visto questo casino mi venisse voglia di uscirci…

Consuelo era apparsa alle sue spalle all’improvviso, facendolo trasalire.

- Cons ti ho detto che devi avvisarmi quando mi arrivi alle spalle.

- Porta pazienza - disse ridendo - sai che mi diverto. Allora per favore ti ricordi di passare al mercato a prendermi quella cosa?

- Certo, mi ricordo, mi ricordo. Ti serve anche altro?

- No, tutto quello che c’era nella lista delle ragazze dovrebbe bastare. Te l’abbiamo lasciata sul tavolo della cucina.

- Presa. Volo.

- Sì, ma non volare troppo veloce e stai attento. Ok? Noi sistemiamo questo disastro e arriviamo.

- Certo.

- Adri?

- Sì Cons.

- Non dire nulla a Regina della “Cosa”, ok? Magari non capirebbe e…

- Tranquilla.


Adriano Cantoni scivolò fuori dal palazzo e si diresse verso il parcheggio, lasciandosi alle spalle il furgone nero delle api. Salì in macchina e si diresse in città mentre la campagna attorno a lui brumava.










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