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Capitolo 6 - Il disequilibrio

Il custode delle api


Adriano Cantoni non si era mai espresso riguardo i Misteri di Eleusi del signor Eustachi. Ogni tanto pensava a chi c’era sotto quelle maschere d’oro, a che lavori facessero durante l’anno tutte quelle persone, quando i misteri finivano, e tutto tornava alla normalità. Tra loro ci saranno stati maestri d’asilo, architetti, operai di catena di montaggio. Ma lì non contava nulla: ti bastava avere una maschera e potevi essere, per davvero, ciò che volevi.


Durante i Misteri, Adriano doveva aiutare Regina nel controllo di ogni stanza. Mentre gli iniziati, con sacerdoti e sacerdotesse, erano immersi nello loro pratiche, le stanze in cui dormivano dovevano essere pulite e riassestate, qualsiasi cosa vi fosse accaduta all’interno. Ce n’erano sessantacinque da controllare: Paola, Adriano e Regina passavano in rassegna ogni angolo e ogni camera, riportando tutto alla situazione di partenza, affidando a ciascuna ape un compito specifico.


La mattina del 21 Settembre, quinto giorno dei Misteri di Eleusi, Adriano spalancò la porta della numero 7. Era una delle stanze affidate solitamente a Regina, per espressa richiesta di Eustachi, ma quella mattina Regina non si era presentata alla villa, scusandosi con un sms. Tutte le api si erano stupite, ma non c’era gran tempo per cercare una risposta valida: quelli erano i dieci giorni più redditizi dell’anno.

Paola assegnò ad Adriano tutte le stanze di Regina e chiese a Marta di coprire tutte le altre incombenze. La macchina si era messa in moto.


Sembrava che in quella stanza fosse stato liberato un bisonte. Nulla era nella posizione originale: il tappeto era venato di cocci di bottiglia, la trapunta sventrata e ovunque volteggiavano piccole piume bianche.

Adriano, come custode delle api, ne aveva viste di tutti i colori in quegli anni, ma quella scena urtò la sua sensibilità in modo eccezionale. Il disordine non sembrava frutto del caso, ma di un disegno preciso, equilibrato. Prese nota ordinata di tutte le riparazioni da fare e degli oggetti da sostituire. Sfiorò la tenda strappata nel mezzo e la tirò fino a farla cadere a terra.

Ispezionato alla bell’è meglio ogni angolo, compreso il guardaroba che sembrava l’Eden in quell’inferno di oggetti (vi convivevano giacche eleganti da uomo e tuniche lunghe tutte ricamate d’oro), Adriano non vedeva l’ora di uscire.

Si avviò alla porta.

Si fermò.

Un rumore, quasi il lamento di un animale ferito, richiamò la sua attenzione verso il bagno.

Cazzo, Adriano, ogni volta ti dimentichi il bagno.

Rimproverò se stesso e pregò di non trovarci dentro una capra.


Posata con la schiena alle mattonelle, c’era una ragazza. Ferita. Il sangue le colava dal naso e da un labbro, aveva aloni violacei sulla fronte e sulle spalle e sulle gambe nude.

- Oddio, stai bene? Chiamo un’ambulanza.

- No, ti prego, non chiamare nessuna ambulanza. Portami solo via da qui.

- Ti rendi conto che stai sanguinando e che ti serve un medico, vero?

- Che medico crederebbe mai a questa cosa dei Misteri?


Adriano Cantoni non pensò. Raccolse la ragazza tra le braccia, la posò su quello che restava del letto.

- Riesci a camminare?

- Non… Non lo so.

La voce si abbassava di tono mentre parlava, il fiato si affievoliva come una candela rimasta senz’aria.

- Ok, ascolta, ti porto fuori da qui.

La coprì con la tenda strappata, anche la testa. Sembrava che stesse trasportando un tappeto. Passò per i corridoi riservati al personale, non c’era nessuno, tutte le api erano intente nelle loro missioni di salvataggio.

Quella di Adriano finì al furgone delle api, parcheggiato accanto alla porta di servizio, sul retro della villa e vicino alle scuderie.

- Sta qui, mi invento una scusa e ti porto via.

Adriano chiamò Paola con il walkie talkie. Nella 7 era stato rotto il lampadario, andava a recuperarlo da Ponti, questione di poco e sarebbe tornato.

La ragazza avvolta nella tenda aveva ripreso a sanguinare dal naso. Era stesa sui tre sedili dei passeggeri e ad Adriano sembrava così fragile e piccola.

- Dove ti porto? - Le chiese piano, mettendo in moto il furgone.

La ragazza mosse le labbra per rispondere, ma nessuna parola uscì dalla sua bocca.

Adriano percorse tutto il viale dell’ingresso e poi svoltò, diretto in città.















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