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Capitolo 9 - Il paradiso del luppolo

Anche le Stelle bevono Birra

Liberamente tratto dall’esperienza di Giovanna Zangrandi.





Capitolo 9

Il paradiso del luppolo


Più avanzavano, si coglieva la loro grandezza.

Il sole alle loro spalle era nascosto dalla stazza e faceva brillare i contorni dei loro corpi, come se fossero rivestiti di un alone divino.

L’idillio si ruppe quando uno dei due ad un certo punto inciampò, cadendo sull’erba del campo rosso. Proruppe in una grassa risata che echeggiò per la valle e rimbalzò sulla montagna, alle spalle del rifugio e di Alice. L’uomo che era caduto si rialzò, attaccandosi al braccio del compagno e, ciondolando, continuò con lui l’avanzata.


Si alzò anche Alice per andare loro incontro. I due visitatori sembravano due montanari usciti da un cartone animato vichingo: portavano calzettoni al ginocchio e pantaloni di fustagno, avevano lineamenti nordici e capelli tanto biondi da sembrare ossigenati. Uno dei due aveva la barba striata di rosso, tanto lunga da essersi impigliata nello spallaccio dello zaino. Ne portavano uno a testa che, essendo più grande di loro, era davvero enorme.


Appena si accorsero di Alice (ed erano già praticamente arrivati alla terrazza del rifugio), si sbracciarono in saluti entusiastici, uno dei due iniziò a saltellare, farfugliando parole in tedesco con tono tanto allegro che anche Alice, pur non capendo una parola, intuì che dovevano essere molto felici.

E anche molto ubriachi.


Il saluto si concluse con un abbraccio ad Alice, che restò impalata come un wurstel in un panino da hot dog (suo padre diceva sempre che gli inglesi erano refrattari agli abbracci e a tutte le altre manifestazioni d’affetto).

Quello che non l’aveva abbracciata iniziò un affabile discorso in tedesco ed Alice ne approfittò per liberarsi dalla morsa.

“Mi dispiace, signori, non vi capisco. Parlate un po’ di inglese?”

“Inglese? Ma sì, Inglese! Un poco solo!

“Da dove venite?” - Alice si rese conto di quanto un po’ di compagnia, per quanto strana potesse sembrare, in realtà non le desse per niente fastidio.

“Noi venire da Austria in cammino per Dolomiti. Dormire in bivacchi ed essere arrivati qui stamattina all’alba. Su cartina abbiamo visto che c’era rifugio, ma su internet c’era scritto chiuso da dieci anni. Poi noi avere visto fumo di camino e provato venire qui. Potere noi fermarci qui per una notte?”

“Oh beh, certo! - rispose Alice. - Venite! Vi mostro le stanze!”

“Prima birra? Per festeggiare arrivo?” - propose l’austriaco dell’abbraccio, e lasciato scivolare lo zaino a terra con un tonfo di metallo e vetro, lo aprì e ne estrasse 3 lattine di birra.

“Una birra non si rifiuta mai!” - sorrise Alice, ripensando alle bevute mattutine che si era fatta al birrificio di Leeds nei primi anni, quando ogni giorno era una piccola avventura nel paradiso del luppolo.

“Io Miki, lui Ralf.”

“Io sono Alice. Cheers.”


Persero tutti il peso del tempo e arrivò un mezzogiorno freddo e dorato come una pils, mentre ancora erano lì, a conversare fuori dal rifugio in un inglese stentato.

Miki e Ralf erano in viaggio da circa quaranta giorni, avevano fatto la stagione estiva come braccianti nel sud dell’Austria e adesso erano liberi, alla tranquilla ricerca di un nuovo impiego. Nella loro vita, avevano sempre fatto lavori pesanti e li avevano sempre fatti in coppia, altrimenti neppure li iniziavano: magazzinieri, controllori di chiatta di navi cargo, i minatori e i guardiani notturni. Alice aveva capito che a loro bastava stare insieme e avere i soldi per pagarsi una birra e un tetto sulla testa. Niente di più.

Alice preparò il pranzo per tutti e tre e gli Austriaci, in meno di un’ora, fecero più legna di quanta ne aveva fatta lei da quando era arrivata al rifugio.


“Mi sembra che vi piaccia la birra!”

Miki e Ralf, divorando la zuppa preparata da Alice, sorrisero con la bocca e anche con gli occhi.

“Io ho sempre lavorato in un birrificio, nel Nord dell’Inghilterra” - spiegò Alice.

“Birrificio? Qui in montagna? Grande idea, grande!” - Ralf si era illuminato.

“No no, prima lavoravo in un birrificio! Non ora.”

Ralf continuava a non capire i tempi verbali, infatti esclamò: “questo sarà eccezionale birrificio!”

Alice rinunciò a spiegare loro che non era vero, vedendoli così felici guardarsi attorno come se stessero annusando nell'aria il profumo del luppolo.


L’inverno stava arrivando per davvero.

La mattina successiva, Alice fu svegliata dalle raffiche di vento d’autunno, il campo rosso era grigio di ghiaccio. Fu così per tutto il resto della settimana.


Miki e Ralf, perlomeno il primo giorno, si fecero pregare da Alice per restare una notte ancora, poi semplicemente iniziarono a lasciare ogni mattina una busta con dei soldi sul bancone della cucina. Alice, prontamente, la restituiva loro la sera, a cena, perchè i due austriaci passavano le giornate lavorando al rifugio. In pochi giorni, avevano sistemato il tetto e grattato tutte le travi della soffitta, rinforzato le grondaie e aggiustato i letti di tutte le stanze. Quando il vento dava una tregua, si mettevano fuori a piallare assi per farne tavoli e panche. Dicevano: “così poi le usi per tuo grande birrificio di montagna, Alice!”

“No, ragazzi, non avete capito…”

“Abbiamo pensato che se tu d’accordo potremmo stare qui con te e aiutarti con birrificio” - se ne uscì Miki una sera, sorseggiando una delle birre che aveva trovato nella dispensa del rifugio.

“Potremmo fare tutti lavori qui, ci sarà da fare con magazzino e con carichi. Qui acqua più buona e allora birra più buona.”

Alice stava per ribattere, allucinata.

Poi si zittì.

Per la prima volta, sognava il suo birrificio d’alta quota.











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