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costanzabiasibetti

Capitolo 4 - L'Ape

Anche le Stelle bevono Birra

Liberamente tratto dall’esperienza di Giovanna Zangrandi.





Capitolo 4

L'Ape


“Lei...è sicuro che questa cosa sia sicura?”

L’uomo che tutti chiamavano “il Tigre” e di cui nessuno sapeva il nome reale si era presentato nella Hall alle due del pomeriggio.

Alice era seduta come una scolaretta in attesa della madre alla fine della scuola.

Il Tigre aveva salutato la signora della reception come se la conoscesse da sempre e aveva accettato subito l’invito di lei a bere quello che Alice amava definire “uno sputo di caffè”.


“Tu devi essere Alice”.

Lei sussultò.

Parlava un inglese morbido, impastato quasi, cadenzato come solo gli americani o gli attori sanno fare.

“Sei americano?”

“Siete tutti così gentili in Inghilterra?”

“Mi scusi, sono io, Alice Dal Farra. Lei deve essere Tigre” - enfatizzò le due consonanti digrignando i denti.

“Beh, sì, sono io. Bevo il caffè e partiamo”.


Parcheggiata davanti all’entrata, c’era una piccola auto a 3 ruote, con soli due posti passeggero e un piccolo cassone sul retro.

"Scusi e questa cos'é?"

"E’ un’apecar, signorina Dal Farra. Non è un’astronave" - disse sarcastico il Tigre.


Viaggiare, per lei, non era mai stata una priorità.

Sua sorella più giovane, Megan, figlia di Prue e del tipo dell’ospedale, sembrava spiritata a riguardo: lavorava tutto l’anno per mettere da parte un piccolo gruzzolo che si spendeva in una settimana di vacanza a Ibiza con le amiche del liceo. Alice preferiva godersi piccoli sorsi di viaggio. Mangiava spesso fuori casa, amava la musica dal vivo e se avesse potuto avrebbe spesso tutti i suoi soldi in birra e concerti.

Sarebbe stato molto più logico che da suo padre avesse ereditato un minimo di voglia di viaggiare. Ma non era stato così. Non le era mai passato per la mente di raggiungerlo, o di proporgli un viaggio.

La vita, almeno fino all’anno prima, le era sempre andata abbastanza bene così com’era.

Alice aveva risparmiato per acquistare un piccolo appartamento fuori Leeds. Wes la raggiungeva a sera tardi, per guardare un film o per ascoltare qualche vinile affogati in divano. Quando lui aveva la meglio, si ritrovavano al mattino attorcigliati tra coperte e plaid, nella luce velata dei mattini inglesi.

Poi, un giorno, gli aveva chiesto di venire a vivere con lei.

“Alice, credo tu abbia frainteso…”

E Wes aveva smesso progressivamente di andare a trovarla.


Le sembrava di essere tornata sulle ginocchia di sua nonna, che quando era piccola, la faceva sedere sulle sue gambe mentre lei trotterellava i piedi convulsamente. Soffriva l’auto da allora. Erano in viaggio da soli venti minuti, ma ogni sasso ed ogni buca erano per lo stomaco di lei dei salti sull’ottovolante.

Il Tigre guardava fuori.

“Non preoccuparti, ci siamo quasi” - le disse ad un tratto, imboccando una laterale.

Non appena l’apecar si fermò, Alice aprì lo sportello e scese traballante. Potevano essere arrivati in Paradiso, per quanto la riguardava.

“Cammina un po’, dovrebbe farti bene” - le disse il Tigre, mentre scaricava lo zaino dal cassone sul retro.

Alice invece sedette per terra e iniziò a respirare a pieni polmoni, tentando di scacciare la nausea e i conati con fermezza statuaria.

Il Tigre si posò all’apecar e la attese, sbuffando.

“E’ questa la proprietà?” - chiese Alice, indicando il fienile davanti al quale avevano parcheggiato.

“No, non ci si arriva in macchina. Solo a piedi”.

“Ah, benissimo”.

“In realtà c’è una possibilità di arrivarci anche in jeep, ma te la sconsiglio se non sei abituata a queste strade e a queste altitudini.”


Il Tigre portava scarponi da montagna in pelle marrone, visibilmente consumati, pantaloni tecnici e camicia a quadroni, di lana pesante. Qualche riccio spuntava dal berretto di lana che portava calato fin quasi sulla fronte. Avrà avuto quarant’anni.


“Conoscevi mio padre?” - gli chiese Alice, improvvisamente, mentre risalivano la mulattiera sassosa.

“Sì, lo conoscevo. Era un brav’uomo.”

“E perchè ha chiesto a te di accompagnarmi?”

“Perchè conosco questi posti molto bene, insegno sci di fondo in queste valli, d’inverno”.

“E d’estate che fai? Studi l’accento americano?” - Alice sperava di fare una battuta simpatica, ma il Tigre fece spallucce e fece finta di non aver sentito.

“E’ ancora lunga per il rifugio, ti conviene conservare il fiato”.

Il Tigre chiuse qualsiasi possibilità di conversazione.





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