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A volte ritornano. Lettere a Storyfactory (sì, più di una)

Mentre studiavo alla Holden, ho iniziato ad avvicinarmi al mondo dello storytelling d'impresa. Un mondo sfavillante che si stagliava nel mio futuro come uno specchio in una giornata di sole.


Quando giunse il momento di fare domanda di tirocinio, andai sul sicuro con Storyfactory, l'azienda di Andrea Fontana, uno dei principali corporate storyteller italiani, insomma un guru del settore.

Era il mio primo colloquio aziendale. Avevo 22 anni.


Non appena entrai in ufficio, all'indirizzo che avevo trovato su google, mi sentii mancare: una vecchia fabbrica ristrutturata, piante verdi, open space, tavoloni di legno grezzo dove si mangiava, si lavorava, si discuteva, e biciclette, biciclette ovunque.

Se il mio paradiso, a quel tempo, avesse avuto una forma, sarebbe stata quella.


Il colloquio fu bello, piacevole. Avrei potuto fare molto. Purtroppo il tirocinio non prevedeva nemmeno un piccolissimo rimborso spese ed io, chiaramente, non potevo permettermelo.

Scelsi di entrare in Burson-Marsteller e le nostre strade, la mia e quella di Storyfactory, si divisero.


Ieri sono capitata nuovamente nel loro sito internet. E ho pensato di tentare di nuovo la deviazione. La sezione delle carriere è fatta strana, tu puoi mandare il cv per lavorare in 3 categorie distinte in base ovviamente alla tua formazione e alle tue skills.

Ho applicato per tutte e tre.

Ecco le mie lettere di motivazione.


"A volte ritornano"


CANDIDATURA PER IL NARRATIVE STRATEGIST

Storyfactory è la prima azienda in cui ho sognato di lavorare.

Sei anni fa, fresca di master in storytelling alla Scuola Holden, richiesi un tirocinio che tuttavia, alla fine, non riuscii ad accettare per mancanza di mezzi economici che non mi avrebbero permesso di mantenermi e di continuare a studiare.

Non ho mai smesso di sperare in una futura collaborazione.

E non ho mai smesso di scrivere.


Ho girato il mondo cercando di trovare un filo conduttore tra tutte le storie che udivo, dai colleghi, dai clienti, dai passanti, nei parchi. Ho capito che le storie sono così varie perchè l'umanità è così varia.


Sogno di mettere a disposizione la mia creatività per creare narrazioni mutevoli, sconvolgenti, in grado di far cambiare la prospettiva, creare legami con la terra, tra le persone, tra gli spazi.


Costanza


CANDIDATURA PER IL CONTENT STRATEGIST

Mi sono chiesta tante volte cosa sarebbe cambiato se avessi preso una strada alternativa.

Se all'università avessi scelto di studiare ingegneria al posto di lettere classiche.

Se non fossi partita per Londra, se avessi deciso di entrare in quel pub, se papà non fosse morto, se avessi per qualche motivo scelto di diventare vegetariana.

Scelte grandi oppure impercettibili: avrebbero cambiato la direzione della mia esistenza, facendomi imboccare una strada diversa?

Forse si o forse no.

Magari sarei qui, a scrivervi, anche se a Londra non ci avessi mai messo piede.


Il punto non è che strada imbocchiamo, ma è dove vogliamo arrivare.

Le storie sono tali perchè mirano a qualcosa, fin dalle prime righe.

Alla salvezza, all'amore, al successo, al profitto.

E' sul finale che si modellano le azioni, le strategie, i personaggi.

Mi sento di dire che al cliente tipo chiederei proprio questo, prima di proporgli qualsiasi strada: cosa sogni? Cosa desideri?


La strada da imboccare dipende da dove si vuole andare.


Costanza


CANDIDATURA PER L'EXPERIENCE DESIGNER

Pronto? Storyfactory?

Sono ancora io, Costanza.

Lo so lo so, è già la terza volta che chiamo. Questa volta sarò breve perchè i messaggi brevi mi sembrano più efficaci di quelli lunghi e melensi.

Sono sempre quella del tirocinio mancato e delle strade sbagliate.

Alla fine, ho capito che l'Experience Designer è quello che ho sempre fatto in questi 6 anni di vagabondaggi.

Scrivevo storie e cercavo di dare loro vita concreta, scrivevo sceneggiature e facevo in modo che andassero in scena all'interno delle aziende, in eventi aperti al pubblico, fiere, party privati e lanci di prodotto.

Mi piace pensare che l'Experience Designer sia un creativo con la testa tra le nuvole e i piedi per terra. Una specie di collegamento, di tramite, tra ciò che è nella testa e ciò che trova concretezza nel mondo e nella società.

Trovo che non sia solo un lavoro, ma una missione. Una missione spaziale, nel senso letterale del termine: in grado di riempire lo spazio di senso, di valore, di emozioni.


Sì, temo che neanche questa volta riuscirò a spiegare a mia madre per che lavoro ho fatto application.

Ma spero di averlo trasmesso a voi.


Grazie, ora mi fermo (solo con i messaggi, con le idee vado avanti sbuffando come un treno).


Costanza


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