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THE DAY AFTER. Sulle vittime del terrorismo, sulle madri, sulle albe

Aggiornamento: 8 ott 2020

Penso a tutti i giorni dopo che hanno svegliato il nostro paese. 

Penso a tutti i giorni dopo in cui ho aperto gli occhi e ho sperato di aver vissuto solo un lungo terribile incubo. 


Io ricordo oggi. Il giorno dopo. 





Il giorno dopo.

E’ un po’ come dire “prova del nove”. Non si può capire l’entità di una gioia o di dolore se non dall’alba del giorno dopo. E’ quell’alba che ne decreta il valore.


L’ampiezza di una gioia si misura in sorrisi, grondanti dagli occhi e dalla bocca, da ogni vibrazione del corpo, anche dopo ore ed ore di sonno. Nonostante la stanchezza, la pioggia battente alla finestra, il caffè finito nel barattolo della credenza.


Quando ti capita una cosa così bella che anche il caffè finito ti strappa solamente una risatina di autocompassione, quella che hai provato è una gioia. Una vera.

L’ampiezza di un dolore si misura col vuoto. Il peso dell’assenza non si percepisce subito, bisogna aspettare e lasciarlo danzare. Ti risveglia lui, il dolore, il giorno dopo, presentandosi allegramente ed attaccandoti un peso al collo. “Adesso non ti lascio più” - ti dice.


Ho atteso il giorno dopo.

Ho atteso il risveglio dalla notte buia dello Stato italiano, quella del 9 maggio ‘78.

La notte di Via Caetani, del corpo di Aldo Moro, l’alba dei funerali di uno stato.


Perchè è consolante concordare un giorno per ricordare. Giusto, doveroso.


Ma vorrei per un secondo proporvi di pensarci oggi. Di pensare al giorno dopo.


Alle mogli sole nelle case, alle scrivanie impolverate, al microfono silenzioso di Peppino, ai figli lasciati a giocare senza compagno nei cortili. 


Penso a tutti i giorni dopo che hanno svegliato il nostro paese. 

Penso a tutti i giorni dopo in cui ho aperto gli occhi e ho sperato di aver vissuto solo un lungo terribile incubo. 


Io ricordo oggi. Il giorno dopo. 

E voglio ricordare le anime giuste di chi ha lottato e lotta contro il terrorismo fino all’ultimo sorso di vita. Il terrore incatena alla notte, senza possibilità di scampo.

E’ significativo che, quest’anno, il giorno dopo sia proprio la festa delle mamme.


E non posso non pensare alla mamma di Peppino Impastato, al suo giorno dopo, quello in cui ormai non c’era più nulla da fare, nessun Dio da pregare, nessuna speranza da sperare.


Non posso non pensare alla mamma di Silvia Romano, rincasata dopo quasi due anni di prigionia. Quando si alzerà, domani, per mettere su la caffettiera, entrerà silenziosamente nella stanza della figlia e la guarderà. E tutto il resto, passerà in secondo piano. Anche il caffè. E quella sì, quella sì è una gioia vera. La gioia del giorno dopo.


Non posso non pensare a tutti noi, che ogni mattina speriamo di alzarci dal letto e di sentire una buona notizia per colazione. “Stiamo tutti meglio!” “Non c’è più pericolo!”


A volte la notte sembra durare mesi, anni.

Ma poi l’alba arriva. 

Arriva sempre.

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